Giovanni Rosini, romanziere, linguista, poeta, polemista, storico dell’arte, storico della letteratura, editore, fu personaggio di grande successo finché fu in vita, vero animatore dei salotti culturali pisani e protagonista della vita culturale dell’Italia intera. Ebbe stretti rapporti epistolari con molti dei principali rappresentanti della cultura italiana della prima metà dell’Ottocento, Monti e Leopardi in testa.
La sua fama scomparve con lui. Oggi, anche nelle più poderose storie della letteratura, a lui vengono dedicate poche righe, in genere in quel settore dove, di sfuggita, si citano i nomi di quegli autori che si è soliti raggruppare sotto la generica etichetta di “manzoniani”. E pensare che il buon Rosini si impegnò in una notevole polemica, una delle tante che intraprese in vita sua, proprio col Manzoni, perché riteneva di aver scritto un romanzo nettamente superiore, sia dal punto di vista artistico che da quello linguistico, a quello del Manzoni. Non si riteneva un “manzoniano”, piuttosto riteneva il Manzoni un “rosiniano”. E il successo internazionale del suo più famoso romanzo, La signora di Monza, che fu tradotto oltre confine prima dei Promessi Sposi, sembrò pure dargli ragione.
Probabilmente fu proprio questa tendenza polemica a nuocergli presso i posteri, quando la storia fece giustizia sulle reali qualità artistiche delle due opere e relegò il Rosini tra gli autori a malapena citati. Qualche tentativo di rivalutazione, soprattutto locale, non ha avuto gli esiti sperati. Tuttavia, se c’è ben poco da rivalutare nel Rosini romanziere, appare anche un po’ ingiusto non tenere presenti le molteplici attività e gli svariati campi di interesse che ne animarono l’attività, non limitati solo alla letteratura. Un esempio importante, la sua attività di tipografo-editore, non certo di importanza trascurabile, e di qualità nettamente superiore alla media italiana dell’epoca. Fu pur sempre l’editore dell’Anatomia del Mascagni e della Pomona Italiana.
A Lucignano, paese della Valdichiana dove nacque nel 1776 da Bartolomeo Rosini a da Maria Torelli, è considerato una gloria locale. Gli furono dedicati il teatro, una delle vie principali, la banda musicale.
In quel paese il R. ci rimase però solo 18 mesi, perché poi la famiglia si trasferì a Livorno, dove visse fino a 12 anni, e poi a Pontassieve. Fu in quel periodo che studiò al Seminario di Fiesole. Nel 1792 lesse alcuni suoi versi a Lorenzo Pignotti, che lo prese sotto al sua protezione incoraggiandolo a continuare l’attività poetica. Nello stesso anno iniziò a frequentare giurisprudenza all’Università di Pisa. Risale al 1794 il suo primo componimento pubblicato, l’ Ode al celebre Angelo Mazza. Si laureò in legge nel 1796.
Fu nel 1798 che iniziò la sua attività come editore. In società con Tito Manzi e Antonio Peverata acquistò la tipografia domestica di Monsignor Angelo Fabroni, provveditore dello studio pisano. La società in accomandita Antonio Peverata e compagni (1798-1800), divenne poi la Società Letteraria ( 1800-1804) e pubblicò importanti edizioni di Foscolo, Monti, Cesarotti.
La ditta prese poi il nome di Molini, Landi e Comp. (1804- 1813) e conobbe il suo momento di maggior prosperità, con sedi anche a Firenze e Venezia, arrivando ad impiegare 7 torchi e 18 operai. Successivamente divenne Niccolò Capurro (1813-1815), tranne un breve intermezzo in cui si chiamò Capurro e CC. Pubblicò con questo nome collane di scrittori italiani non compresi nella collana milanese dei Classici, Dante in edizione filologica, e l’opera omnia del Tasso, nel momento in cui il R. pubblicava vari saggi sullo stesso, dai quali derivarono le consuete polemiche. Pubblicò anche opere monumentali, la più famosa delle quali fu l’Anatomia del Mascagni.
Nel 1804 il R. aveva ottenuto la cattedra di eloquenza a Pisa, incarico che lo costrinse ad abbandonare la direzione della stamperia, anche se rimase socio attivo. Nello stesso periodo si era sposato con la fiorentina Anna Becciani, dalla quale ebbe due figli, Ippolito e Teresa, tenuti a battesimo dal Pindemonte e dal Monti.
Nel 1812, come accademico corrispondente della Crusca, fu a Parigi, dove, dopo la visita al Louvre, ebbe l’idea di scrivere e pubblicare la imponente Storia della pittura italiana, stampata da lui stesso tra il 1839 e il 1842, con un capitolo aggiunto nel 1847. Nel 1832 fu ammesso tra la nobiltà pisana, e si dedicò alla produzione di numerosi scritti d’occasione. Fu nel 1835 che cominciò a pubblicare la raccolta delle sue opere, giunta nel 1835 all’undicesimo volume.
Morì nel 1855.
(segue)