Il termine B. è di origine medievale. Deriva dal greco tà Biblia (”I Libri”), ed indica l’insieme dei libri, scritti da autori diversi in varie epoche, che la Chiesa cristiana considera sacri, in quanto ispirati direttamente da Dio. Ogni libro è diviso in capi, ogni capo in versetti, numerati per comodità di ricerca. I termini Scrittura, Sacra Scrittura, Sacre Scritture sono sinonimi di B. Gli ebrei la chiamano Mikrà (”Lettura”).
E’ l’opera che ha esercitato sull’umanità l’influenza maggiore. Oltre alla religione e alla morale, ha penetrato l’arte e la letteratura di tutta la nostra civiltà. La B. abbraccia un quadro temporale straordinariamente vasto: da Dio e dal mistero delle origini giunge fino alla previsione della fine di tutte le cose.
Classicamente nel racconto biblico si distinguono due periodi: quello prima di Cristo -Antico Testamento (A.T.)-, e il Nuovo Testamento (N.T.), che va da poco prima della nascita di Cristo fino a circa 100 anni dopo. In più, nell’Apocalisse si prevede la fine del mondo.
La parola Testamento ha lo stesso significato del greco diatéke: ”patto di alleanza”. L’Antico e il Nuovo Testamento fanno perciò riferimento al diverso genere di rapporti dell’uomo con Dio, prima e dopo la venuta di Cristo.
L’elenco canonico dei libri secondo la Chiesa cattolica fu stabilito nel Concilio di Trento. Il numero dei libri del N. T. era comunque già fissato dal 393 d. C., grazie al Concilio d’Ippona. La gran parte dei libri dell’A. T. fu scritta originariamente in ebraico. Di alcuni però il testo originale non è noto e si conosce solo quello greco. I libri del N. T. furono invece scritti in greco, salvo il Vangelo di Matteo, del quale tuttavia si è perduto l’originale aramaico.
Una semplice classificazione dei libri che compongono l’A.T. è la seguente:
LIBRI STORICI:
Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio), Giosuè, Giudici, Ruth, Re, Paralipomeni, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester, Maccabei.
LIBRI DIDATTICI:
Giobbe, Salmi, Proverbi, Cantico dei Cantici, Ecclesiaste, Sapienza, Ecclesiastico.
LIBRI PROFETICI
Isaia, Geremia, Baruch, Ezechiele, Daniele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia.
I libri che mancano nelle B. ebraiche sono detti deuterocanonici, cioè inseriti in un secondo momento: Baruch, Tobia, Giuditta, Macabei, Sapienza, Ecclesiastico, frammenti del libro di Ester e di Daniele. I libri deuterocanonici non sono accettati dai protestanti, che li considerano apocrifi.
I libri del N. T. sono ventisette: i quattro Vangeli, gli Atti degli Apostoli, 14 Epistole di S. Paolo, 7 epistole dette Cattoliche, l’Apocalisse.
Si è sempre discusso intorno al fatto che gli autori del N. T. abbiano scritto in una lingua che non era la loro. In effetti, la lingua usata è quella greca nota come koiné diàlektos, lingua volgare, comune in molte iscrizioni antiche.
La versione più antica della B. che ci è giunta è in greco, ed è nota come B. dei Settanta (perché redatta da settantadue curatori, almeno secondo la tradizione). Si ritiene del III sec. d. C., compilata in Egitto.
Esistono però altre versioni, anche se parziali. La siriaca (I sec. d.C.), la Samaritana, l’Armena, la Copta, l’Araba.
Importantissima fu la versione raccolta da Origene col titolo di Hexapla. Molto presto si fecero versioni latine della B. La principale fu ritenuta per molto tempo fatta in Africa, ma in realtà molti concordano sulle origini italiane, donde il nome di B. Itala. Fu la principale versione fino alla traduzione di S. Gerolamo, la Vulgata, che divenne il testo ufficiale adottato dalla chiesa.
La realizzazione dell’Hexapla, o Hesapla, richiese ad Origene 12 anni di lavoro (228-240 d. C.). Tutto l’A. T. era disposto in sei colonne: testo ebraico in caratteri ebraici, testo ebraico in caratteri greci, versione di Aquila, versione di Simmaco, versione dei Settanta, versione di Teodozione. Il manoscritto originale era conservato a Cesarea, dove fu consultato da S. Gerolamo. Scomparve nel VII secolo, in seguito all’invasione araba. L’imponente prospetto di Origene fu di grande aiuto per i traduttori successivi. Oltretutto, quando si conosceva una ulteriore versione di qualche passo della B., Origene aggiungeva un’altra colonna al prospetto, al punto che in certi casi le colonne sono anche otto. Le varianti tra il testo ebraico e quello dei Settanta erano indicate con simboli detti obeli (÷), i passi mancanti con un asterisco.
L’Itala, traduzione dal greco al latino, fu redatta tra il II e il III secolo. Divenne di uso comune in Italia. Numerose sono le varianti rispetto all’Afra, che circolava comunemente in Africa. Fu S. Agostino a chiamarla Itala, e la ritenne preferibile a tutte le altre. La B. Itala, l’Afra e tutte le versioni precedenti a quella di S. Gerolamo sono indicate con il termine generico di LATINA VETUS.
La Vulgata, o Volgata, è la traduzione di S. Gerolamo, che così tradusse in latino il termine koiné. Fu però Ruggero Bacone a chiamare Vulgata la versione di Gerolamo, ed Erasmo da Rotterdam riprese questa definizione. La versione di Gerolamo non è immune da pecche, né è di pari valore nelle varie parti. Fu lo stesso redattore ad ammettere i propri limiti. Dovette spesso fare uso di vocaboli presi dal latino volgare. Critiche giunsero da S. Agostino stesso, soprattutto per quanto riguardava le parti tradotte dall’ebraico. Fu comunque la traduzione ritenuta come la migliore dalla Chiesa Cattolica.
La B. di Ulfila è la traduzione in lingua gotica realizzata da Ulfila, vescovo dei Goti (ca. 311-383). Di essa esistono manoscritti anche in Italia, del periodo della dominazione ostrogota (VI sec.). Molto noto è il manoscritto di Upsala, noto come Codex Argenteus, che nel 1648 fu regalato alla Regina di Svezia. Della B. di Ulfila ci restano soprattutto ampi frammenti del Nuovo testamento. Dal poco che ne possiamo ricavare si nota in particolar modo la grande difficoltà dell’impresa di traduzione. Ad Ulfila risultò difficilissimo tradure espressioni e valori etici e religiosi in una lingua alla quale erano del tutto estranei. I caratteri di scrittura furono inventati dallo stesso Ulfila, che li ricavò dall’alfabeto greco, ma anche da quello latino e runico. I segni tentano di trascrivere una lingua che è la più antica delle lingue germaniche note, parlata dai Teutoni del basso Danubio. Per questo, dal punto di vista linguistico, i frammenti della B. di Ulfila hanno un valore incalcolabile.
Bibbia di Lutero. Prima di Lutero esistevano almeno 17 versioni tedesche della B. Il grande riformatore volle però realizzare una versione che fosse più in linea con il ”sentire” del popolo tedesco e che fosse anche ricavata dalle fonti originarie. Non tradusse la Vulgata, ma si rifece più che altro al testo greco ed ebraico proposto da Erasmo nel 1516. La lingua usata fu quella cancelleresca tedesca e boemo-lussemburghese, arricchita dal parlare volgare proprio della sua gente. Esemplare, per comprendere il suo modo tradurre, il suo ”Messaggio sul tradurre” del 1530. La parola di Dio, diretta a tutti, da tutti deve essere compresa. Non si tratta, dice Lutero, di chiedersi come il latino si debba trasferire in tedesco, bisogna piuttosto ”interrogare la madre in casa, i bambini in strada, il popolo al mercato”.
Nel 1534, edita da Luft a Wittemberg, usciva la traduzione completa della B. Non è da attribuire del tutto a Lutero, che si fece in effetti aiutare dai più valenti filologi dell’epoca, molti dei quali suoi amici: Melantone su tutti. Ne sortì un capolavoro della letteratura germanica, anzi, la nascita stessa di quella letteratura, tanto che si è detto che la B. di Lutero è per la letteratura tedesca quello che la Commedia dantesca è per la letteratura italiana.
La prima versione inglese della B. fu redatta da J. Wycliffe insieme a Nicola di Hereford nel XIV sec. Un’altra versione inglese molto nota è la B. di Ginevra, basata su quella di N. Malingre e Calvino. Fu redatta dai riformatori inglesi che si rifugiarono a Ginevra per sfuggire alle persecuzioni di Maria I d’Inghilterra.
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