Secondo le fonti antiche, il catalogo della biblioteca di Alessandria, compilato da Callimaco, indicava il genere letterario, il nome dell’autore, l’incipit, ed il numero di righe. Anticamente, in genere, i cataloghi delle biblioteche riportavano solo il nome dell’autore e il titolo dell’opera, o anche soltanto uno di questi elementi. Se durante il Medioevo fu sentita maggiormente la necessità di compilare cataloghi più dettagliati, solo con l’avvento dell’Umanesimo comparvero veri e propri cataloghi sistematici ed indici alfabetici.
Con la comparsa del libro tipografico e l’affermazione del frontespizio, avvenuta nei primi decenni del Cinquecento, si giunse ad una catalogazione moderna, grazie al fatto che nel frontespizio autore, titolo, e stampatore o editore risultano finalmente isolati. Questo facilitava l’ordinazione alfabetica per autori. Non è mai scomparso, però, il catalogo librario ordinato per materia.
Catalogo per autori. Consente di stabilire quali opere di un determinato autore, e in quali edizioni, sono possedute da una biblioteca, pubblica o privata. Ogni opera è descritta in schede, la cui compilazione è soggetta a determinate regole. Si chiamano schede principali quelle che contengono la descrizione completa di un’opera. Sono dette schede di spoglio quelle che riportano scritti uniti ad altra opera o contenuti in opere miscellanee. Sono schede di richiamo quelle che collegano un autore o un titolo secondario all’autore o al titolo di una scheda principale. sono schede di rinvio quelle rimandano da una parola d’ordine ad un’altra.
Esempi di schede:
a) principale per autore:
Francovich Carlo. Storia della Massoneria in Italia. Dalle origini alla rivoluzione Francese. Firenze, La Nuova Italia, 1974. Un vol. in 8°; firma di ex-propriet.; pp. XIV, 517, (5); alcune tavv. f.t.
b) principale di opera collettiva:
Marche Arte ’74. Consuntivi e proposte. Introduzione di Carlo Antognini… Ancona, Ed. L’Astrogallo, 1974. Un vol. in 8°; pp. 378, (8); testi di G. C. Argan, F. Bellonzi, E. Crispolti, M. De Micheli, N. Ponente, M. Valsecchi ed al.; artisti: De Carolis, Bartolini, Licini, Scipione, Mannucci, Cagli, Fazzini, De Vita, Trubbiani.
c) di spoglio:
Crispolti Enrico.
Arte marchigiana degli anni ’70.
Sta in:
Marche Arte ’74. Consuntivi e proposte. Ancona, 1974.
d) di richiamo:
Antognini Carlo, vedi:
Marche Arte ’74. Consuntivi e proposte. Introduzione di Carlo Antognini. Ancona, 1974.
e) di rinvio
Enotrio Romano, vedi:
Carducci Giosuè.
Elemento fondamentale della scheda è la parola d’ordine, che può essere il nome dell’autore, di una società letteraria o scientifica, di un’accademia, di un luogo (parola d’ordine geografica), o la parola iniziale del titolo nel caso di opere anonime, oppure può essere una espressione convenzionale. Altri elementi della scheda sono il titolo, le note tipografiche (luogo di stampa, editore, tipografo, anno di pubblicazione), le note bibliografiche (numero dei volumi, formato, numero di pagine, presenza di illustrazioni ecc.), che costituiscono la collazione dell’opera, le note speciali (eventuali indicazioni accessorie tipo: estratto, pubblicazione per nozze, supplemento ecc.).
La parola d’ordine serve, appunto, ad ordinare alfabeticamente i vari libri. Per questo, nelle schede per autore, è data in genere dal nome dell’autore stesso. I nomi degli autori classici, intesi, per convenzione, come quegli autori vissuti prima del 1200, si dovrebbero rendere nella forma latina (Demosthenes, Horatius Quintus Flaccus), gli altri nella lingua del paese d’origine. In presenza di un patronimico e di un appellativo di origine, lo si indica nell’ordine: Leonardo da Vinci. Il prefisso fa parte integrante del cognome, e lo si riporta con esso: Da Ponte Lorenzo. Vi sono però eccezioni, soprattutto nei cognomi stranieri.
Nel caso di nomi di religiosi occorre distinguere fra quelli che mantengono il proprio nome (gesuiti, domenicani, scolopi ecc..) e quelli che assumono un nome diverso (carmelitani, francescani ecc.). Avremo perciò ”Boffito Giuseppe barnabita” nel primo caso e ”Bernardino da Asti” nel secondo. La regola vale anche per i Papi: avremo Pio II e non Piccolomini Enea Silvio. Nel caso di sovrani vale il nome con la qualifica: Umberto I Re d’Italia.
Quando un autore si firma con uno pseudonimo, si usa in genere quest’ultimo, seguito da ”pseud”. Lo pseudonimo non va confuso con il nome assunto, cioè il nome che sostituisce completamente quello di famiglia. Il nome assunto è perfettamente catalogabile ed utilizzabile come parola d’ordine: Aleramo Sibilla (Rina Faccio), Collodi Carlo (Carlo Lorenzini), Malaparte Curzio (Curzio Suckert).
I soprannomi vengono in genere indicati, preceduti da ”detto (il)”, e possono essere usati anche come parola d’ordine: es. Burchiello (Domenico di Giovanni detto il).
Opere pubblicate da enti collettivi (istituti, accademie, corporazioni ecc.) hanno come parola d’ordine il nome dell’ente.
Le opere anonime si schedano utilizzando come parola d’ordine la prima parola del titolo che non sia o un articolo (il, lo , la ecc.) o un aggettivo numerale (un, uno, una).
Per quanto riguarda il titolo, lo si dovrebbe rendere per esteso, copiandolo dal frontespizio (non dalla copertina, dove può essere diverso o incompleto). Voci particolari, o refusi tipografici, o errori grammaticali vanno riportati così come sono, seguiti dalla dicitura tra parentesi ”(sic)”.
Anche le note tipografiche vanno riportate così come sono. Nel caso di note false o immaginarie, qualora si conoscano i dati veri, si riportano anche questi, dopo le note false, preceduti dalla dicitura “ma” (es. Londra, 1789, ma Firenze, 1804). Se le note mancano completamente, si usa l’abbreviazione s.n.t. (senza note tipografiche), se manca la data, si usa l’abbreviazione s.d. (senza data).
Il formato del volume è indicato dall’altezza misurata in cm. : in-folio = più di 38 cm.; in 4°= da 28 a 38 cm.; in 8° = da 20 a 28 cm.; in 16° = da 15 a 20 cm.; in 24° = da 10 a 15 cm.; in 32 = sotto in 10 cm. (raramente vengono indicati anche formati come il 64° e il 128°, propri dei cosiddetti libri minuscoli). Si indicano talora anche certe anomalie del formato: quadrato, oblungo (nel caso in cui l’altezza sia inferiore alla larghezza; è il formato tipico degli album).
Si deve indicare anche il numero complessivo delle pagine o delle carte. Le carte non numerate sono indicate dalla sigla cc.n.n. (o pp. n.n., nel caso delle pagine).
Catalogo per soggetti.
E’ il catalogo che fa conoscere quali opere su un determinato argomento sono possedute da una biblioteca. La parola d’ordine è in questo caso il soggetto particolare di ciascuna opera. E’ un tipo di catalogo adottato solamente a partire dal secolo XIX. Il soggetto può anche essere multiplo. Contrariamente al catalogo per autori, nel quale la parola d’ordine è inequivocabile, in quello per soggetti si pone il problema di indentificare il soggetto stesso ed esprimerlo in maniera corretta. Molti autorevoli studi sono stati dedicati all’argomento, a partire da quello classico del Cutter (1876) per giungere al Fumagalli, al Revelli e al Subject Headings della Library of Congress di Washington (1957). Si tratta di identificare con precisione l’argomento specifico di uno scritto e renderlo con un’espressione verbale idonea.
E’ evidente che il compilatore di un catalogo per soggetti deve possedere una competenza adeguata e deve far fronte alla difficoltà di adottare criteri di classificazione uniformi. Il Soggettario per i cataloghi delle biblioteche italiane contiene più di 20.000 soggetti.
Cataloghi antiquari.
Le schede dei cataloghi delle librerie antiquarie, pur rispettando genericamente le regole sopra indicate, presentano alcune varianti, in parte derivate da consuetudini ormai entrate nell’uso, anche se non sempre corrette, ed in parte derivate dagli scopi del catalogo stesso, di natura essenzialmente commerciale. Tali cataloghi sono in genere ordinati per autore: è quindi il nome dell’autore che distribuisce i vari volumi secondo l’ordine alfabetico. Molti cataloghi aggiungono però anche la definizione del soggetto, tramite PAROLE CHIAVE che facilitano la ricerca del lettore. In pratica, si tratta di una fusione dei due tipi di catalogo appena esaminati, anche se la parola d’ordine è il nome dell’autore. Ecco un esempio:
(Scienza, Botanica, Darwin).
Darwin Carlo. Le piante insettivore. Traduzione italiana col consenso dell’Autore per cura di Giovanni Canestrini e di P. A. Saccardo. ecc..
Può capitare, anche se raramente, che il catalogo sia ordinato per soggetto: in questo caso la parola d’ordine sarebbe Scienza e non Darwin. Più frequentemente, capita che i cataloghi antiquari siano suddivisi per soggetti, o meglio classi o materie (per il catalogo per classi v. più avanti), non sempre riportate secondo l’ordine alfabetico (per cui Scienza può venire prima di Letteratura Italiana, ad esempio), ma con i libri di ogni settore elencati comunque secondo l’ordine alfabetico degli autori.
Si noti che, nella definizione del soggetto, il catalogo di libreria antiquaria tende a dare la preferenza a voci di maggior interesse collezionistico. Ad esempio, utilizzerà la definizione ”Prime edizioni del 900”, o ”Edizioni originali”, piuttosto che ”Letteratura Italiana” o ”Letteratura del 900”.
Inoltre, in questa forma di catalogazione, viene data molta importanza ad elementi non sempre o comunque non necessariamente presenti nei cataloghi delle biblioteche pubbliche. A parte l’indicazione, inevitabile, del costo del volume, si troverà sempre indicato il tipo di legatura (pelle, pergamena, brossura ecc.), che può influire notevolmente sul costo finale di un libro di pregio. Grande rilevanza sarà data anche alla completezza e alla conservazione generale del volume, elementi, pure questi, che gravano sul costo dell’opera. Certe notazioni accessorie, spesso trascurate nei cataloghi generici, saranno invece ben segnalate nei cataloghi antiquari (ad esempio la presenza della firma autografa dell’autore, o l’ indicazione di tiratura limitata o particolare -tipo stampa su carta azzurrina- e così via).
Per quanto riguarda il formato, è ancora in uso soprattutto nei cataloghi di maggior pregio la classificazione antica, che si basava non sulla misura dell’altezza del libro, ma sul numero di piegature del foglio di stampa. E’ un sistema in uso da sempre e che fa parte della cultura del libraio antiquario classico. E’ indubbiamente un metodo ”raffinato” e denota una solida preparazione da parte del libraio, ma espone ad incomprensioni. Si ricordi che il formato dei fogli di stampa non era lo stesso per tutte le cartiere e, quindi, anche per le tipografie antiche. Basandosi su questo criterio, si rischia di deludere le aspettative di qualche cliente che, avendo ordinato un libro genericamente definito in 4°, si vede consegnare un’opera che, col sistema moderno, rientrerebbe appena nell’8° ”piccolo”. E’ nostra opinione, del tutto personale, che, se si vuole continuare ad indicare il formato ”antico”, sarebbe meglio riportare anche la misura dell’altezza in cm. Ad esempio ”Un volume in 4° (cm. 25) ecc.”
Infine, il catalogo antiquario aggiunge spesso altre voci di grande importanza, note come ”riferimenti bibliografici” (Cfr. Lozzi.. cfr. Ranghiasci.. cfr. Riccardi…) e non presenti nelle schede dei cataloghi generici di biblioteche pubbliche. Si tratta di una componente tutt’altro che secondaria, data la natura commerciale del catalogo stesso. Indica al potenziale cliente un insieme di fonti bibliografiche sicure alle quali far riferimento. Di tali fonti vengono indicate anche le pagine o i paragrafi specifici da consultare ( segnalati secondo criteri imposti dall’uso e diversi a seconda della bibliografia). Quando si tratta di libri di particolare pregio, la presenza di tali riferimenti è preziosa e fornisce una valida conferma a quanto asserito dal libraio nella scheda.
Non raramente, si trovano nelle schede anche informazioni biografiche sull’autore e citazioni da testi di varia natura. In linea di massima si può dire che i cataloghi delle librerie antiquarie si ispirano ai criteri dettati dalla bibliografia e bibliologia classiche, piuttosto che limitarsi alla asettica, e un po’ arida, classificazione generica. Il presupposto è quell’atteggiamento psicologico noto come ”amor librorum”, o bibliofilia che dir si voglia, che esige un diverso modo di interpretare l”’oggetto” libro.
Cataloghi bibliografici.
La raccolta di schede descrittive di volumi che trattano di un unico soggetto viene genericamente indicata con il nome di ”Bibliografia”. Ne esistono moltissime, praticamente su tutti gli argomenti. Alcune sono generiche (Es. Biblioteca di Storia Locale Italiana, Elenco delle prime edizioni di Letteratura Italiana del Novecento), altre sono altamente specifiche (ad esempio: Raccolta bibliografica di voci su Terni e il suo territorio, Bibliografia del futurismo). Può trattarsi di elenchi di schede, ma possono anche contenere note biografiche e storiche. Si tratta comunque sempre di strumenti utilissimi, quando non indispensabili, ai bibliofili, ai librai e agli appassionati in genere. Molte sono rare, e costosissime, tanto da essere divenute oggetto da collezione.
I criteri di classificazione adottati in queste opere sono gli stessi usati negli altri cataloghi, talora in forma ancora più evoluta e perfezionata. Le bibliografie moderne spesso confrontano i vari esemplari presenti nelle biblioteche nazionali.
Le bibliografie più antiche, redatte da veri pionieri del settore, lasciano invece un poco a desiderare per quanto riguarda l’impostazione scientifica delle schede. In alcune delle più celebrate e famose manca addirittura la collazione dei volumi. Si deve anche tener presente che le possibilità di documentazione e diffusione delle informazioni non erano le stesse del tempo attuale, ed alcune ”rarità” segnalate nelle bibliografie più antiche sono più comuni di quanto si possa credere… Per questi motivi, opere come il Brunet (v.), sono ormai più oggetti da collezione che testi di vera utilità.
Alcune di queste opere davano semplicemente l’elenco dei volumi posseduti da una biblioteca privata (un esempio su tutti: la bibliografia di storia locale italiana del Lozzi). Alcune riportano il costo del volume (prezzo di acquisto o di vendita), che è comunque oggi inutilizzabile ai fini di una valutazione corretta.
Attualmente, grazie alla pubblicazione del catalogo unificato e ad opere come la CLIO, i repertori bibliografici hanno raggiunto un alto grado di precisione e completezza. Qualunque sia il tipo di collezione prediletta, un buon repertorio bibliografico non dovrebbe mai mancare nella biblioteca di un vero bibliofilo.
Si tenga sempre presente, comunque, che ancora oggi si dà per scontato un 10% di imprecisione (intesa anche come semplice mancanza di qualche titolo) anche nelle bibliografie più accurate.
Catalogo per classi.
Il catalogo per soggetti cerca di stabilire l’argomento trattato dal libro. Come si è detto, sta alla competenza del compilatore cercare la formula giusta per definire il soggetto, dopo aver esaminato il libro stesso. Il catalogo per classi, o sistematico, tende invece ad identificare a quale materia predefinita il libro possa appartenere. Se il fine appare lo stesso del catalogo per soggetti, in realtà la metodologia è completamente diversa. Nel catalogo per soggetti si parte dal libro, e si definisce un soggetto a posteriori. Nel catalogo per classi si parte da una classificazione predefinita dello scibile umano, del tutto aprioristica, e si trova il modo di inserirvi un determinato libro.
Cataloghi di questo genere erano già presenti nell’antichità. In Cina, intorno al XII sec., si distinguevano 12 classi (classici, riti e cerimonie, musica, filologia, storia, filosofia, astronomia, elementi naturali, arti, medicina, enciclopedia, letteratura). Per quanto riguarda l’Occidente, il catalogo delle edizioni greche del Manuzio era diviso in cinque sezioni: grammatica, poetica, logica, filosofia, Sacra Scrittura. Nei cataloghi successivi, in Italia e in altri paesi, le classi aumentarono progressivamente. Già il catalogo di R. Étienne comprendeva 14 classi, e quello del Gesner arrivava a 21, come quello dell’Accademia Veneziana.
Charles-Jacques Brunet nel 1810 pubblicava il famoso Manuel du libraire et de l’amateur de livres. Nel terzo volume si trovava una tavola metodica che comprendeva 5 classi, suddivise a loro volte in varie categorie. Nel 1873 il bibliotecario americano Melvil Dewey propose una classificazione che riscosse un notevole successo.
Il metodo di Dewey indicava le varie classi con un numero, in modo che la suddivisione, almeno nelle intenzioni, fosse universale e comprensibile a tutti, a prescindere dalla lingua parlata. Inoltre la progressione numerica consentiva di estendere le classi fino ad un numero illimitato. Il sistema Dewey fu chiamato ”decimale” perché suddivideva tutto lo scibile umano in dieci classi fondamentali, numerate da 0 a 9:
0 Opere di consultazione generale. Bibliologia, Bibliografia, Biblioteconomia, Documentazione.
1. Filosofia, Psicologia e scienze simili.
2. Religione e Teologia.
3. Scienze sociali. Economia. Diritto e Legislazione pubblica.
4. Filologia. Linguistica.
5. Scienze pure. Scienze esatte. Scienze naturali.
6. Scienze applicate. Arti utili. Tecnologia.
7. Belle arti. Architettura. musica. Fotografia. sport.
8. Letteratura.
9. Storia. Biografia. Geografia.
Le dieci classi sono suddivisibili e ripartibili all’infinito, sempre sulla base numerica di dieci. Aggiungendo alla classe un secondo numero si ottiene la ”divisione”, con un terzo numero la ”sezione”, con un quarto la ”sottosezione” e così via. Per semplicità il simbolo numerico viene diviso in numeri di tre cifre separate da un punto.
L’esempio che riportiamo è preso dal volume di Enzo Esposito ”Manoscritto. Libro a stampa. Biblioteca. Longo editore, 1973”.
Supponiamo di dover schedare per classi, secondo il sistema Dewey, un libro che parla delle ”Lampade a incandescenza”. Il numero risultante, che indica l’argomento del libro, sarebbe 621.326 (si legge ”sei due uno punto tre due sei”). Il significato dei vari numeri è il seguente:
6 scienze applicate (classe)
62 Ingegneria (divisione della classe)
621. Ingegneria meccanica ed elettronica (sezione della divisione)
621.3 Elettrotecnica (sottosezione della sezione)
621.32 Illuminazione elettrica (seconda sottosezione)
621.326 Lampade ad incandescenza (terza sottosezione).
Il sistema, pur consentendo un numero infinito di sottosezioni, non è immune da pecche. In particolare la rigidità sulla appartenenza ad una classe, che crea una certa mancanza di elasticità nella assegnazione delle prime tre cifre. Dewey si vantava della facilità di tenere a mente i simboli numerici, ma se questo è vero per le prime sei cifre, con il crescere delle sottosezioni tale facilità è tutta da dimostrare. Con l’evoluzione delle conoscenze e l’aumento, soprattutto in certi settori della scienza, della specializzaizone estrema, un libro che parli di ”Psicologia sperimetale dei fanciulli” richiede una classificazione a nove cifre 612.821.031.
Peraltro, come in tutte le classificazioni, le finalità del sistema Dewey sono di natura essenzialmente pratica, ma i criteri logici che legano le varie sottosezioni sono spesso discutibili.
Nel 1895 due studiosi belgi fondarono a Bruxelles l’Institut international de Bibliographie e proposero modifiche al sistema Dewey. Sorse così il sistema noto come Classification décimalle universelle (C.D.U., sigla ormai entrata nell’uso comune). Il sistema si basa sulla definizione di Tavole generali e di Tavole complementari. Basi di questo sistema sono:
1)L’unità del sapere. Questo non va inteso come suddiviso in classi particolaristiche. Ogni suddivisione deve pertanto tener presenti i rapporti di una scienza con l’insieme dello scibile.
2)La gradualità, che prevede che la suddivisione, partendo dal generale, vada al particolare. Si parte cioè da notazioni semplici per giungere a notazioni sempre più complesse.
3)Il principio di collegamento: gli argomenti e i soggetti affini devono considerarsi in stretta relazione fra loro.
4)La mutua esclusione. La definizione delle varie suddivisioni deve essere netta e non lasciare spazio ad ambiguità.
Nella C.D.U. le tavole Generali corrispondono in linea di massima alle classi del sistema Dewey; non è però necessario utilizzare tre cifre: la suddivsione nulla non va indicata con lo zero. Ad esempio, ”Bibliografia” corrisponde a 010 nel sistema Dewey, 01 nella C. D. U.
Presentiamo un elenco di Tavole essenziali della C. D. U., con particolare riferimento alle classi di maggior interesse per il collezionista bibliofilo:
0 GENERALITA’
001 Fondamenti generali della conoscenza e della cultura
002 Documentazione
003 Scrittura. Grafologia. Segni grafici.
003.5 Materie e strumenti scrittori.
01 Bibliografie. Cataloghi bibliografici.
011 Bibliografie universali e generali.
012 Bibliografie personali.
013 Bibliografie collettive.
014.1 Bibliografie degli anonimi e pseudonimi.
016 Bibliografie di argomenti speciali.
017 Cataloghi sistematici.
017.4 Cataloghi editoriali e del commercio librario.
018 Cataloghi alfabetici per autore.
02 Biblioteconomia.
026 Biblioteche speciali.
027 Biblioteche generali.
027.1 Biblioteche private.
027.2 Biblioteche di Accademie, società, enti vari.
03 Enciclopedie generali.
05 Periodici, riviste.
058 Annuari. Indirizzari.
059 Almanacchi. Calendari.
06 Istituti.
069 Musei. Museografia.
07 Giornali. Giornalismo.
08 Poligrafia.
09 Manoscritti. Opere rare.
090.1 Bibliofilia. Bibliomania.
091 Manoscritti.
091.5 Autografi.
092 Libri xilografici.
093 Incunaboli.
094.2 Esemplari unici.
094.5 Edizioni principi.
096 Libri illustrati.
097 Ex-libris.
098.1 Opere condannate.
098.3 Opere perdute. Opere immaginarie.
099.3 Opere con dedica autografa.
1 FILOSOFIA
1 A/Z Filosofi antichi e moderni in ordine alfabetico.
11 Metafisica.
111 Ontologia.
112 Classificazione filosofica delle scienze.
113 Filosofia naturale.
133 Scienze occulte. Occultismo. Magia. Divinazione. Stregoneria.
15 Psicologia generale.
16 Logica. dialettica.
172 Morale sociale. Civismo. Patriottismo.
176.7 Morale e arte.
18 Storia della filosofia. (etc)