Figura simbolica, che rappresenta in genere un’aspirazione, una dichiarazione d’intenti, o qualcosa di cui vantarsi. Graficamente è costituita dall’anima, che contiene un motto o una iscrizione, e dal corpo, che è l’immagine, di solito allegorica, alla quale l’anima fa riferimento. I due elementi, e le caratteristiche riportate, dovrebbero essere indivisibili perché si abbia una vera I. Capita spesso però, che il motto non abbia alcuna relazione con i segni ai quali è unito. L’I. risale a tempi antichissimi. Eschilo ed Euripide riferiscono di I. che si trovavano sugli scudi degli eserciti greci. Il suo uso fu diffuso anche presso i Romani, ed esempio ne è la lupa con la sigla S. P. Q. R. Nel Medioevo fu diffusissima in Francia, dove ornava l’abbigliamento dei cavalieri, i finimenti dei cavalli, perfino la mobilia. Durante le Crociate l’I. era usata per distinguere eserciti e cavalieri, dando origine anche al ”blasone”. Fra i vari trattatisti, ricordiamo Paolo Giovio, il primo a codificarne le regole, Lodovico Domenichi (Ragionamento nel quale si parla d’ imprese d’armi et d’amore, Milano 1559), Gabriele Simeoni (Le imprese eroiche e morali, Lione 1559), C. Paradin (Les Devises héroïques, Lione 1551, ristampato ad Anversa nel 1562 insieme al trattato del Simeoni). Sono comunque numerosissime le opere di precettistica pubblicate nel Cinquecento e nel Seicento, con e senza figure. V. anche Marca Tipografica.
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